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 Durante un’assemblea ordinaria, un condomino ha avanzato la proposta di acquistare una porzione di parte comune e di eseguire, in seguito, delle opere per fare rientrare la superficie acquistata parte integrante della sua unità immobiliare; l’amministratore si è defilato sostenendo che tale decisione doveva essere presa ed approvata autonomamente dai condomini. L’obiezione è questa: non vi è fra i doveri dell’amministratore quello di vigilare sulle parti comuni e sul rispetto delle norme competenti, visto che tale modifica potrebbe andare in contrasto con il regolamento edilizio comunale?

E’ vero, il dovere di un amministratore è quello di tutelare le parti comuni, tanto che anche nella Riforma condominiale che fra poco sarà in vigore si stabilisce un quorum molto alto per modificare la destinazione d’uso di una parte comune. Nel caso specifico, però, sembra di capire che in gioco non c’è la destinazione d’uso ma la proprietà di una parte comune. Sulla proprietà è corretto che si pronuncino i condomini, anzi in questo caso la sovranità non spetta nemmeno all’Assemblea, ma sono tutti i singoli condomini che devono dare il proprio assenso alla vendita della parte comune. Se qualcuno non la dà, la parte comune non può essere ceduta. Una volta acquisita la parte comune, il condomino potrà quindi effettuare i lavori che crede, naturalmente nel rispetto delle norme di legge, e a meno che tali lavori non rechino pregiudizio alla stabilità del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico, o che impediscano anche ad un solo condomino l’uso della parte comune rimanente.

Teseo Parolini
Amministrazione condominiale Studio Pieffe